Giovedì, 05 Dicembre 2024
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Parla ai nostri microfoni Viviana Di Bert, regista di Fuoco su tre Sorelle, che debutterà in anteprima nazionale al teatro Sala Uno di Roma dal 20 al 22 marzo 2015.

Parlaci di questo spettacolo, un buon motivo per venirlo a vedere?

Per prima cosa c’è da dire che chi conosce Anton Čechov potrebbe essere avvantaggiato nel comprendere i meccanismi della messa in scena, ma ritengo che il pubblico sia intelligente e credo che Fuoco su Tre Sorelle possa esser interessante anche per chi non conosce l’autore. In quest’opera Čechov, attraverso delle storie di ordinaria amministrazione, parla dell’incapacità dell’uomo nello stare al mondo ed essere felice.

 

In che senso?

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In questi giorni stanno registrando la colonna sonora dello spettacolo Il più bel secolo della mia vita, che debutterà al teatro della Cometa il 10 marzo. Si tratta della band Deserto Rosso, formata da Danilo Pao ed Erika Savastani.

Deserto Rosso, perché?

Il nome nasce nel 2008 quando io e Danilo Pao eravamo impegnati in molti tour, ogni sera guardavamo, prima di andare a dormire, il film Deserto rosso di Michelangelo Antonini. Così quando abbiamo deciso di metter su un nostro gruppo e fare le nostre canzoni abbiamo deciso di scegliere questo nome. Deserto rosso è un film che parla dell’inquietudine, nelle nostre canzoni cerchiamo di parlare di questa sensazione. Il nostro primo disco difatti si chiama Mi fanno male i capelli, come la celebre frase pronunciata nel film da Monica Vitti.

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Alessandra Mortellitti, autrice di Crollasse il mondo, in scena al teatro Ambra alla Garbatella dal 17 al 22 febbraio 2015, parla ai nostri microfoni dello spettacolo.

 

Quali sono le emozioni che provi quando una delle tue opere viene messa in scena?

Ogni spettacolo mi lascia delle emozioni fortissime, non solo perché sono il concretizzarsi di ciò che si è creato ma perché aprono delle suggestioni che fanno riflettere ancora di più sul lavoro che si è svolto.

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Donna non rieducabile in scena al teatro Brancaccino il 13 - 14 e 15 febbraio 2015

Donna non rieducabile parla della storia di una giornalista, Anna Politkovskaja, che ha pagato a caro prezzo il lavoro che ha portato avanti in Russia, e che ha molto a che vedere con la tutela dei diritti umani. Perché hai scelto di raccontare agli italiani di questo spettacolo e cosa credi possa muovere nel pensiero degli spettatori una storia come questa?

La cosa  interessante è che lei non si è occupata in maniera diretta dei diritti umani, si è limitata a raccontare i fatti, così come stavano, da vera giornalista. Questo è un modo di lavorare e stare al mondo che fa riflettere e ha valori universali. Anna Politkovskaja è diventata un’eroina inconsapevole; lei diceva sempre che se vedeva torture in pubblico o rapine a uffici postali da parte dei soldati, che mandavano poi i soldi a Mosca, non poteva chiudere gli occhi o scrivere che erano degli eroi. Più che di lotta dei diritti umani il suo è stato un riportare la realtà per quello che è, come a dire “lo vedo, devo fare il mio lavoro da giornalista e rimanere il più integra possibile nel farlo”. Si tratta di vedere le cose come stanno e di non rimanere lì e far finta di niente. Ognuno di noi può fare la differenza compiendo piccoli gesti che nel quotidiano possono cambiare le cose. La storia di Anna Politkovskaja è interessante perché ci fa riflettere in tal senso.

 

Come hai preparato, quello che è a tutti gli effetti, uno spettacolo di ricerca e allo stesso tempo di inchiesta?

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 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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