Venerdì, 02 Maggio 2025
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Come abbiamo più volte detto su queste pagine e su quelle della nostra rivista cartacea, sono sempre più gli spettacoli "pensanti" che invadono le scene teatrali. Quest'oggi Gabriele Pignotta ci racconta di uno di questi spettacoli, si tratta di Contrazioni Pericolose in scena al teatro Manzoni dal aprile 2015.

 

In questi giorni sarai in scena, insieme a Siddhartha Prestinari e Fabio Avaro, al teatro Manzoni con lo spettacolo Contrazioni Pericolose, cosa rappresenta per te questo spettacolo?

Come tutte le commedie che ho scritto, anche questa rappresenta un momento della mia vita, anche se non tanto nei particolari. Lo dico perché in questa commedia si parla della nascita di una bambina, io non ho figli, quindi non si tratta di un'esperienza personale ma nel cuore rappresenta tutti i pensieri relativi all'argomento che attraversano i miei pensieri e sfiorano la mia sensibilità. In poche parole le arie dell'esistenza che rappresento sono quelle che vivo.

Questa è comunque una commedia che affronta i limiti e anche le caratteristiche di una generazione (quella dei quarantenni) e lo fa attraverso un'idea curiosa: due amici che hanno un particolare scontro/confronto in un particolarissimo momento: lei sta per partorire e durante il travaglio lui scopre che lei sta per avere un figlio.

«E se Dio avesse avuto dei fratelli?» Da questo paradosso Valerio Vestoso, giovane regista e sceneggiatore, intesse il testo del corto Unigeniti figli di Dio, in concorso al Festival dei Corti al teatro dell’Angelo. La vicenda ha come protagonisti degli aspiranti Messia, che dopo la morte della Madonna si presentano dal notaio rivendicando la propria identità. Come ci spiega Valerio: «il copione è nato pensando a quattro attori, lavorando sulle loro differenze fisiche e recitative, in modo da poterle riutilizzare sul piano del ritmo e del perenne contrasto; la fortuna ha voluto che mi imbattessi in quattro interpreti formidabili (Alfredo Calicchio, Luca Carbone, Matteo Cecchi, Lorenzo Parrotto) in grado di appropriarsi dei rispettivi personaggi e portarli in scena al meglio. La sceneggiatura prova a parodiare la Bibbia, satireggiando sui simboli e rapportandoli ai nostri giorni, con l'obiettivo scrupoloso di non offendere nessuno».

Parla ai nostri microfoni Emilia Miscio, regista, insieme a Marco Petrino, dello spettacolo Porta Chiusa, di Jean –Paul Sartre, andato in scena al Teatro Le Salette, dal 18 al 22 marzo 2015.

Come nasce l’idea di Porta Chiusa?

Nasce dalla volontà di mettere in scena qualcosa sul teatro esistenzialista francese, dove la parola è protagonista. Volevamo un testo che riportasse in scena l’intimità fra pubblico e attore. Per questo motivo abbiamo scelto il teatro Le Salette, intimo già nel suo essere. Poi A Porte Chiuse, di Sartre, che è uno dei testi più rappresentativi del teatro esistenzialista francese, si prestava bene all'idea di regia doppia. 

 

Regia doppia, in che senso?

Lo spettacolo, così come nell’opera di Sartre, è composto da due momenti differenti. A metà spettacolo quindi con un avvisatore luminoso posto sia sulla platea che sul palco si segnala il cambio di regia. C’è un distacco netto fra i due momenti, si cala nel buio per poi tornare alla luce sotto una diversa regia.

"E' lo spazio interiore, non quello esterno, che dobbiamo esplorare."

("Which Way to Inner Space" , James Ballard, New Worlds, 1962)

 

 

In seguito alla proroga, fino al 12 aprile 2015, di Body Worlds ci siamo fatti raccontare dal curatore Fabio Di Gioia la mostra "Il ciclo della Vita".

 

 

 Fabio Di Gioia

 

Com'è iniziata l'esperienza di Body Worlds?

 

L'esperienza di Body Worlds in Italia è iniziata con la curiosità di chi, facendo il curatore di eventi, gira per il Mondo e cerca di portare da noi quello che non c'è e che potrebbe essere interessante.

Questa mostra, che vidi per la prima volta a Bruxelles, fu per me una rivelazione anche per quel che riguardava (e riguarda) l'interesse del pubblico per il corpo umano; quindi chiesi il perché di tutto questo, mi diedi delle risposte, e dissi che in Italia sarebbe stato molto interessante ed utili cominciare ad interessarsi al corpo e alla salute in modo diverso e non lasciare tutto questo solo ad un'educazione molto scolastica che poi il più delle volte non viene approfondita.

 

Da Bruxelles ad oggi cosa è cambiato?

 

E' cambiata non la mostra ma l'atteggiamento nei suo confronti, il modo in cui il pubblico ci si rapporta.

Questa è una mostra che nei suoi primi allestimenti creò scandalo, più che altro in coloro che neanche l'avevano vista e che vollero giudicarla, come spesso accede, senza sapere. Oggi invece si sa che è una mostra estremamente utile e divulgativa.

Logoteatroterapia

 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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