Martedì, 08 Ottobre 2024
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Intervista ad Amanda Sandrelli che ci racconta la sua Lisistrata

L’incontro con Amanda Sandrelli è avvenuto  durante le tappe della tournee teatrale di Lisistrata, commedia di Aristofane proposta nella rilettura di Ugo Chiti.

Diciamo subito che siamo di fronte ad una persona deliziosa, autentica, informale, che trasmette la sua passione per il lavoro che fa, ma che lo vive con la giusta distanza, senza divismi e dando la netta sensazione di essere profondamente  autentica, con una adamantina scala di  valori ed un raro senso dei ruoli.

Sciolto immediatamente l’imbarazzo, la signora Sandrelli è stata generosissima nelle risposte, offrendo anche insperati spaccati del suo vissuto.

 

Lisistrata è una commedia di Aristofane di grande successo, che ha avuto tante trasposizioni e riletture. Quale è la nota distintiva del vostro spettacolo ?

Chi conosce il teatro di Ugo Chiti sa che siamo davanti ad un autore ed un regista che ha un segno  distintivo molto riconoscibile, dote che non tutti i registi hanno.

Per chi non lo conoscesse, Chiti è un autore che ha lavorato molto sul linguaggio, sul dialetto, che osa ‘sporcare’ il linguaggio e rifugge dall’utilizzo di  un italiano letterario, quasi astratto.

Quando Chiti, una quarantina di anni fa, ha conosciuto il gruppo ‘Arca Azzurra’, con cui lavoro da quattro anni, erano una compagnia quasi  amatoriale, ognuno di loro aveva un altro lavoro, provenivano da famiglie contadine ed il regista ha lavorato cucendo i personaggi addossi agli attori. Ovviamente negli  anni la compagnia è cresciuta, però la confidenza e la conoscenza che Ugo ha con i suoi attori si vede e si sente nello spettacolo.

La Lisistrata che proponiamo  è una Lisistrata moderna, che non tradisce né l’Antica Grecia, né tantomeno Aristofane, ma prende dei riferimenti che sono riconoscibili per il pubblico.

La farsa è  legata al tempo in cui è  stata scritta. I riferimenti ai personaggi ed ai politici dell’epoca facevano ridere allora, ma ovviamente se sono passati  due millenni e mezzo, bisogna procedere con una riscrittura . Per fare un esempio, l’atmosfera che richiama il Commissario, figura maschile e maschilista, ha un’aria fascista, senza che lo spettacolo sia ambientato al tempo del fascismo. Semplicemente quel tipo di prevaricazione, di  violenza, di superomismo, a noi rimanda automaticamente a quelle situazioni, a quei riferimenti.

Questo è il lavoro fatto  da Chiti, che ci propone una Lisistrata molto semplice da godere,  un po’ sboccata, come esplicitamente richiede  il testo, ma mai volgare.

Una farsa cui non viene tolto nulla, che non cade negli intellettualismi fuori luogo, ma che , forte anche della toscanità del regista, riesce ad essere diretta ma non di cattivo gusto.

Per quel che mi riguarda,  credo di avere il pregio di riuscire ad adattarmi bene al gruppo dove lavoro. Se c’è una compagnia che funziona, persone che stanno bene fra loro, umanamente oltre che professionalmente , riesco ad entrare facilmente in  sintonia, non ho mai avuto grandi problemi: non sono una che si impone, ma non sono neanche una che si lascia mettere i piedi in testa. Mi piace seguire quello che mi viene richiesto e quello che accade intorno a me.

Intervista a Isabella Cremonesi, direttrice artistica del teatro del Vigentino di Milano

 

L’improvvisazione teatrale negli ultimi anni ha interessato sempre più spettatori, vuoi per prima cosa spiegare di che cosa si tratta e in che consiste uno match di improvvisazione teatrale?

È l’arte di andare in scena con spettacoli completamente improvvisati. Nell’improvvisazione lo spettacolo nasce con gli spettatori in sala e finisce quando questi escono da teatro e non verrà mai più replicato. Nell’improvvisazione l’attore deve essere anche coreografo e regista perchè tutto nasce solo da chi è in scena, quindi è un’arte di gruppo, interattiva, di comunanza che se vogliamo può essere paragonata al Jazz, dove i musicisti conoscono la musica, ma l’opera nasce al momento. Nell’improvvisazione non si parla di spettacoli di prosa, con un titolo, ma di format e il match di improvvisazione teatrale è uno di questi. Il match nasce nel 1977 a Montréal da due attori canadesi che hanno pensato di unire lo sport al teatro. Quindi è una gara artistica, divisa in due tempi, fra due squadre di attori con un arbitro con tanto di fischietto, due assistenti e i giocatori/attori che indossano delle maglie con i numeri. In una serata vengono disputati diversi sketch che variano da uno a dieci minuti e alla fine di ognuno di questi il pubblico vota la squadra che è piaciuta di più, l’arbitro nel frattempo fischia eventuali falli e a fine serata si decreta il vincitore. Ci sono dei veri e propri campionati sia locali che nazionali, addirittura mondiali.

 

Nel 2005 hai fondato il teatro del Vigentino, che si è poi affermato come punto di riferimento per il teatro d’improvvisazione di Milano e provincia: come è stata la risposta del pubblico all’inizio e come è cambiata nel corso degli anni?

Sono partita dal nulla. All’inizio avevo un corso di improvvisazione di tre allievi che poi sono diventati dieci e da lì è stato un crescendo. Non c’erano i social quindi la pubblicità veniva fatta con volantini stampati a mano che distribuivo nei negozi o nelle fiere di quartiere. Il passaparola è stata l’arma vincente, segnale che il pubblico si divertiva e invitava anche altre persone a venire da noi. 

Dal 18 settembre al 2 ottobre 2022 si svolgerà la quarta edizione del Milano Off Fringe Festival,  con la direzione artistica di Renato Lombardo e Francesca Vitale. Un evento ricco che animerà la città con 52 spettacoli di altrettante compagnie nazionali e internazionali e altri 84 eventiche coinvolgeranno strutture teatrali, location non convenzionali, associazioni, enti e istituzioni, dal centro alla periferia. Per capire meglio cosa possiamo aspettarci abbiamo intervistato Francesca Vitale.

 

Siete pronti per questa quarta edizione?

Siamo pronti e ci aspettiamo di vivere un Fringe vero e proprio, un periodo durante il quale nei vari luoghi di Milano sarà possibile vivere i quartieri animati da progetti indipendenti di teatro, la città di venterà un palcoscenico. È vero che la prima settimana coinciderà con quella della moda, ma siamo sicuri che ci sarà una buona risposta da parte del pubblico.

 

Il Fringe è un modo in più per portare il teatro alle persone più che le persone a teatro?

Lo scopo è proprio quello di uscire fuori dagli schemi e proporre l’arte in maniera indipendente. Chiunque può prenderne parte. Noi ovviamente facciamo una selezione solo perchè abbiamo pochi spazi  a disposizione però, da quello che abbiamo visto nelle edizioni precedenti, c’è veramente grande voglia di esserci anche da parte del pubblico di vedere nuove proposte di applaudire le performance più belle, ma anche semplicemente di stare insieme, all’aperto o al chiuso conta poco. L’idea di pensare a spazi alternativi è un in più che aiuta sicuramente a far riavvicinare le persone all’arte teatrale.

Al Festival di Todi, in anteprima nazionale assoluta, è andato in scena, domenica 28 agosto, In Fedeltà, un esperimento scenico giocoso, frutto della creatività originale del drammaturgo scozzese Rob Drummond che mette sul palco il pubblico. Il testo, riadattato e tradotto dal regista milanese Roberto Rustioni, è alla prima uscita in questa XXXVI edizione del Festival umbro e girerà l’Italia nei mesi di ottobre e novembre (dal 4 al 9 ottobre a Cagliari, dal 18 al 20 novembre presso il Teatro Belli di Roma in occasione della rassegna TREND e infine dal 22 al 27 novembre al Teatro Filodrammatici di Milano). Uno spettacolo che rappresenta una performance collaborativa in cui l’attore Loris Fabiani guida due persone single del pubblico, scelte casualmente, nel percorso della conoscenza reciproca. A parlarcene è stato il regista Roberto Rustioni, incontrato in occasione dell’anteprima nazionale al Teatro Comunale di Todi.

Come nasce questa idea e l’interesse per i lavori di Drummond?

L’idea di mettere in scena questo esperimento nasce e si costruisce attraverso vari step. Questo è il primo, in quanto la natura del lavoro stesso porta a creare una sorta di work in progress che sempre si trasforma. L’interesse viene dalla particolarità e originalità delle opere di Drummond e dalla sua idea di messa in scena del tutto nuova per noi. Quando mi hanno chiesto di lavorare con questo autore, mi proposero un altro testo “The Majority” un lavoro del 2018 in cui sostanzialmente si invitava il pubblico britannico a rivotare la Brexit. In quel testo però ho riscontrato la difficoltà di trasportarlo all’interno della realtà italiana poiché un lavoro di riadattamento avrebbe svilito l’anima dell’opera. Così virai su “InFidelity”: un soggetto più universale e aperto in quanto parla dell’amore, di cosa significa la monogamia e il rapporto di coppia ai nostri tempi. 

 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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