Giovedì, 28 Marzo 2024
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Lo abbiamo intervistato a distanza di un mese all’interno del quale lo scenario è nuovamente mutato: la voce e la velocità delle parole sono quelle di chi è rimasto mortificato e ferito  per l’ennesima beffa ricevuta ai danni del Teatro. Ma dalla rabbia di Gennaro D’Avanzo, direttore artistico del Teatro Villoresi di Monza, sgorga il copioso zampillo della creatività, tanto più potente quanto compresso e imbrigliato. Così,  attraverso iniziative inedite che solo la passione e l’amore potevano concepire, D’Avanzo crea un nuovo modello di fare arte unendo teatro, poesia e quella autentica passione che il suo pubblico sente vibrare come un gesto d’amore vero. 

 

Le espressioni superiori dell’essere umano, quali le arti, imbrigliate da qualcosa di molto terreno e miope, come un Dpcm. Non è un irritante controsenso già in partenza? 

Eduardo già lo scriveva: quando il mare è calmo tutti sono bravi a portare la nave ma solo quando il mare è in tempesta si vede il bravo marinaio. I politici professionisti, non avendo la cultura teatrale, non colgono la situazione reale. Se la motivazione della chiusura dei teatri è la tutela della salute, i politici mi devono spiegare perchè tengono aperte le tabaccherie. A causa delle sigarette muoiono in media ottantatremila persone all’anno per tumore alle vie respiratorie, lo stesso tratto che viene colpito dal Covid 19: quindi è solo una questione di introiti visto che in Italia fumano dodici milioni di persone.  Con lo scopo di capire dove avessero contratto il virus, alcuni studiosi hanno intervistato un campione di quattrocento infettati chiedendo loro dove fossero stati gli ultimi quindici giorni: nessuno di loro era stato a teatro. Dalle mie analisi e considerazioni, che ormai faccio da venticinque anni, si evince che in Italia solo il tre per cento della popolazione va a teatro: ciò significa  che il pubblico, distanziato e protetto, ha meno possibilità di infettarsi rispetto a quando entra in un bar o sale sulla metro. 

Intervista a Matthias Martelli in occasione dello spettacolo Raffaello il figlio del vento in scena al Teatro Sanzio di Urbino il 16, 17 e 18 ottobre 2020

 

Nei tuoi spettacoli la dimensione del giullaresco gioca un ruolo comunicativo importante, quando Jacques Copeau decide di recuperare la commedia dell’arte agli inizi del ‘900 la definisce “un antidoto alla sonnolenza delle convenzioni contemporanee”, condividi questa definizione?

Assolutamente sì, il giullaresco è qualcosa di forte, d’impatto che fa saltare lo spettatore sulla sedia, non lo rende mai estraneo, non come qualcuno che spia dal buco della serratura, ma diventando parte integrante dello spettacolo; lo spettatore partecipa, sveglia, è un qualcosa che scuote, dire scuote mi piace. 

 

Cosa ha di diverso la tua giullarata del Miracolo di Gesù Bambino rispetto a quella di Dario Fo? Come hai lavorato per rendere il Grammelot comprensibile oggi? 

Il Grammelot è una tecnica ereditata da Dario Fo e dai giullari della Commedia dell’Arte, quando mi sono approcciato a fare Raffaello, in un certo senso è venuto fuori automaticamente e ci sono delle parti in cui anche solo l’imitazione di un linguaggio o il borbottio che diventa un’altra cosa sono richiami al Grammelot classico, poi riscoperto da Dario, maestro del genere, è come se a un certo punto entri nel DNA. 

Parla l’impresario e direttore artistico Gennaro D’Avanzo: quarantadue anni di vita di teatro ed attualmente direttore artistico del Teatro Villoresi di Monza, dopo un sofferto epilogo del trentennale rapporto con il San Babila di Milano. Ma dalle sfide difficili D’Avanzo ricava idee concrete figlie dela sua immutata passione.

 

Ripercorrendo il suo itinerario artistico emerge una grande vitalità, che sembra  alimentata proprio dall’esser sempre rimasto in gioco...

Sono sempre stato fedele al motto, ereditato dai miei genitori, "se non fai niente è inutile campare". Sono in pensione da quattordici anni e potrei scegliere una vita diversa ma, come diceva Chechov, il teatro non ti manda mai in pensione, altrimenti non avremmo avuto Franca Valeri e Gianrico Tedeschi che ha lavorato fino a novantotto anni. Le sfide caricano sempre e il Teatro Villoresi, che era chiuso da due anni, festeggia il centenario quest’anno. Su questo teatro sono passati i più grandi attori italiani, come Vittorio Gassman, Mariangela Melato, Enrico Maria Salerno, che, prima di approdare alla grande città passavano da Monza. Se ho accettato di dirigere il Villoresi, dopo le vicissitudini del San Babila, è perchè ho voluto mettermi alla prova: il teatro ha bisogno, oltre che di giovani, anche di idee e di esperienza. Sono l’unico in Italia ad allestire programmi a percentuale: molti teatri non stanno aprendo perchè non rientrano dei costi del cartellone culturale che vorrebbero allestire. Io propongo Sul Lago Dorato e faccio comunque cultura, perchè la trama è imperniata sul rapporto genitori- figli. Non è necessario arrivare a Brecht per compiere un’operazione di spessore. Il teatro pubblico quando si approccia alla programmazione riesce rapidamente ad allestire un cartellone: questo sarà il risultato tra il budget disponibile e la spesa per le singole compagnie. Ma quando si segue un modello a percentuale, la pianificazione diviene più articolata e richiede particolare attenzione nella scelta della direzione che si vuol prendere. Dopo quarantadue anni di esperienza, le compagnie che aderiscono alla mia proposta lo fanno per fiducia sapendo che, anche quando non ci guadagneranno, non andranno comunque a perdere. Io ho fatto sempre teatro privato costruendo da zero: ci chiamano privati perché ci siamo “privati” di tutto.

#Intervista a Valentina Parasecolo, direttore artistico di Iubel Festival

Iubel Festival trova piena espressione sabato 12 settembre 2020 con Le Giornate di Jacopone da Todi. Abbiamo intervistato Valentina Parasecolo, direttore artistico del progetto, al fine di cogliere l’essenza di tale iniziativa.

 

Far conoscere il vero volto di Jacopone da Todi affrancandolo da un certo sapere superficiale e poco veritiero. È questa l’intenzione che anima Iubel Festival?

Mi fa piacere che venga colta la nostra intenzione. Noi come Associazione ci muoviamo su due piani. Una divulgazione stretta dell’opera di Jacopone attraverso un percorso che si svolge durante l’anno e prevede, oltre agli interventi nelle scuole, lo studio dei versi, di cui si occupa prevalentemente il professor Claudio Peri. Dall’altro versante vogliamo cogliere quei tratti che rendono l’autore unico e assoluto in termini di linguaggio: basti pensare al carattere dirompente della sua opera che consta anche di un attento studio sulla parola. Jacopone, infatti, pur avendo una scrittura colta arrivava a tutti, coniugando l’elemento trascendente con quello materiale. L’idea Iubel risiede nel rintracciare quei tratti che esaltano la grandezza di Jacopone rendendolo contemporaneo. Abbiamo interpretato la sua figura come metafora di contemporaneità facendo convivere nel Festival eventi che, seppur slegati da quella del poeta, si ricongiungono a questa nel concetto di attualità.

 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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