Domenica, 03 Novembre 2024
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Intervista al bass baritone veneto che alterna con successo ruoli principali e parti da comprimario, in nome della passione per l’opera ed il canto.

 

Quando viene allestita un’opera lirica,  la principale visibilità viene data ai protagonisti, al regista, al direttore d’orchestra.

Ma perché uno spettacolo riesca è fondamentale il contributo dei comprimari, cantanti spesso di grande valore, chiamati ad interpretare ruoli brevi ma importanti per la narrazione, come Monterone  di ‘Rigoletto’; oppure camei comici, tipo  il  Sacrestano di ‘Tosca’.

Fare il comprimario significa studiare, lavorare sulla voce e sull’interpretazione, seguire tutte le prove, ma anche doversi assicurare un calendario fitto di repliche, per garantirsi le  adeguate risorse economiche.

Molti grandi cantanti del passato hanno iniziato come comprimari.

Forse il caso più clamoroso è Giulietta Simionato, che ha svolto una lunghissima  gavetta prima di accedere ai ruoli protagonistici.

Troppo spesso a questi cantanti così eclettici, pronti  passare  in poche settimane da Rossini a Stravinsky, da Gluck a Puccini, viene prestata pochissima attenzione, nonostante le grandi esperienze; gli incontri che possono vantare; gli spettacoli  cui hanno partecipato; i  capricci delle primedonne, tenori e soprano, che hanno dovuto sopportare; i successi e gli applausi.

Ci piaceva molto l’idea di raccontare questi talenti, che vivono d’arte e di passione, di coerenza e determinazione, che accettano una vita  faticosa pur di continuare ad inseguire i loro sogni.

Per questo abbiamo intervistato un apprezzato bass baritone : Dario Giorgolè, artista dalla lunga carriera, con una voce dal colore interessante, ricca di sfumature, con un centro solido, acuti potenti ed una capacità brillante di stare in scena. Effervescente e generoso, apprezzato dai colleghi e dal pubblico, alterna una carriera soprattutto da comprimario[anche se ci sono state eccellenti prove da protagonista], nelle grandi fondazioni,  ad una  da protagonista nei teatri di provincia e di tradizione.

Intervista a Eugenio Guarducci, direttore artistico del Todi Festival, in scena dal 24 agosto al 1 settembre 2024

 

Eugenio Guarducci alla sua ultima direzione del Festival, dopo ben nove anni ci illustra il programma di quest’anno e ci condivide riflessioni sul questi anni di direzione e sui progetti futuri. 

 

Come sarà il festival di quest’anno? Mi illustra brevemente il programma?

Il Festival per la prima serata, oramai come da tradizione, prevede sempre un debutto nazionale e quest’anno questo compito spetta allo spettacolo “Non si fa così”di Audrey Schebat, in scena sabato 24 agosto, con Lucrezia Lante della Rovere e Arcangelo Iannace, con la regia di Francesco Zecca. Uno spettacolo intenso che indaga tra i sentimenti di una coppia apparentemente non in crisi, ma che in una sola notte dovrà provare a fare i conti con un dolore inatteso, nel tentativo di ricostruirsi. Spettacolo forte, seppure ironico, portato in scena in Francia da Sophie Marceau, che promette belle emozioni. 

Domenica 25 agosto, il programma segue con un altro debutto, quello di “Cuore puro”, spettacolo tratto da un racconto di Roberto Saviano. Un tema forte in questo caso, la camorra che si intreccia alla vita degli adolescenti, assoldati per svolgere compiti pericolosi. Un testo che prevede una riflessione sull’incapacità di essere giovani in un luogo permeato da dinamiche che non danno via di uscita, se non l’affrancarsi alla criminalità organizzata. 

E ancora un debutto, lunedì 26 agosto, lo spettacolo “Corpo vuoto”, tratto dal romanzo di Emilia Costantini “Tu dentro di me”, con Vanessa Gravina e Laura Lattuada, uno spettacolo sul tema della maternità surrogata, di forte attualità. 

Mercoledì 28 agosto sarà il momento di “Faccia da cucchiaio”, un testo di Lee Hall, interpretato da Carolina Baglioni, monologo sulla difficoltà di combattere con il dolore della diversità. 

Ancora, giovedì 29 agosto sarà il momento di fare un’incursione a Parigi con Jacopo Veneziani, storico d’arte e divulgatore, che ci porterà negli anni della bella époque. 

Per poi il 30 agosto fare un bel viaggio nella danza (anche questa tradizione del Todi oramai assodata), in questo caso con il balletto “Coppelia Project”, un viaggio nel corpo meccanico e reale che ci farà sicuramente riflettere.

Il gran finale quest’anno è all’insegna della musica italiana cantautoriale con la presenza di Ron , domenica 1 settembre, che chiuderà la rassegna. 

Nuovo direttore artistico del Festival di Borgio Verezzi ( Savona, 5  luglio - 14 agosto 2024)  giunto alla cinquantottesima edizione, Maximilian Nisi ci parla della sua concezione di fare Teatro e del ruolo che questo deve avere nei confronti del pubblico. Ben lungi dal denaturare il suo credo e pronto a rimettere in discussione il suo mandato se le sue idee di cambiamento non trovano il giusto sostegno nel tempo dell’attesa.   

 

Dopo ventidue mandati di Stefano Delfino sei il nuovo direttore artistico del Festival di Borgio Verezzi. Non posso non iniziare chiedendoti come stai vivendo questo momento . 

 

A me sinceramente dispiace non esultare particolarmente per questo ruolo. Quello attuale è un periodo in cui le direzioni artistiche teatrali vengono proposte agli attori mentre prima  erano appannaggio di registi o organizzatori. Gli attori non sono degli organizzatori. Personalmente non voglio perdere la mia identità attoriale e registica: posso anche essere un organizzatore ma è l’attore, dalla sua trincea, a conoscere esattamente ciò di cui il pubblico ha bisogno. La sfida è cercare un pubblico sempre nuovo e non semplicemente divertirlo.                                  

 

 Il pubblico risponde emotivamente quando arrivano le vibrazioni giuste, anche se non conosce minimamente lo spettacolo ..     

 

Lo scopo del Teatro è dare emozioni. Spesso si dice che il pubblico ha una velocità diversa rispetto a quella del Teatro. Ci sono spettacoli che sono prevalentemente a carattere informativo e, per quanto teatralizzata, resta pur sempre informazione. L’opera d’arte, invece, deve volare sopra perché lo scopo è espandere la coscienza e dare al pubblico impulsi che possano generare emozioni e sentimenti: il Teatro offre la possibilità di contattare i sentimenti. Il mio obiettivo è formare il pubblico. È un percorso difficile perché mentre si contatta il sacro non possiamo permetterci di non ascoltare il profano, ovvero il riscontro economico apportato da quel determinato spettacolo, a cui le amministrazioni comunali sono attente. Occorre tempo. A Roma, a fronte di diversi teatri chiusi o in crisi, ce ne sono altri, come il Vascello, con una programmazione molto attenta, mai banale e di qualità: in questi teatri il pubblico seguita ad andare volentieri perché sa che lí non troverà la fregatura.

Intervista  alla nuova Direttrice Generale  di Opera Carolina: Santé  Williams

 

Per la prima volta dalla sua fondazione, avvenuta nel 1948 è stata nominata al vertice della Opera Carolina una donna: Santé Williams, che è anche la prima persona di colore ad occupare questo posto.

Un pezzetto di storia, una tappa importante per la parità di diritti, ma, speriamo, che sia anche il segnale che qualcosa sta realmente cambiando in un sistema che rischia di estinguersi per la sua autoreferenzialità, per l’incapacità di essere al passo con i tempi.

 

Abbiamo avuto il piacere e l’onore di intervistare la signora Williams poco prima dell’entrata in servizio, il 1 luglio, e questo ci ha consentito di conoscerla meglio e di capire quanto  la sua nomina sia importante, non solo per il mondo dell’opera oltreoceano.

Buongiorno Signora Williams, congratulazioni e grazie di aver accettato di essere intervistata nonostante i tanti impegni che immaginiamo accompagnino queste giornate. Cominciamo subito con una domanda impegnativa. Chi è la Santé Williams? Ci racconta qualcosa della sua formazione, ma anche delle sue passioni?

E’ una domanda molto complicata…sto scherzando ovviamente. Ho iniziato con un lavoro molto difficile relativo al tumore al cervello. Ero la persona incaricata di fermare le metastasi del tumore. Il mio professore era italiano e con lui parlavamo moltissimo del mio futuro. Un giorno decisi di non voler più essere la persona che doveva comunicare ai pazienti lo stato della loro malattia ed il tempo che ancora dovevano vivere ed ho pensato di iniziare un percorso totalmente differente nella finanza e sono diventata un investor per aziende e privati. 

 

 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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