Venerdì, 26 Aprile 2024
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Difficile definire Oriana Fiumicino in poche frasi. Se ti capitava d’incontrarla anni fa alla facoltà di Lettere e Filosofia, dipartimento Discipline dello Spettacolo, potevi osservarla impegnata a costruire una maschera di cuoio per lo Zanni della Commedia dell’Arte. Qualche anno più tardi, se accendevi la radio e capitavi sulla frequenza di Radio Deejay o successivamente di Radio Capital, potevi ascoltare la sua voce accompagnarti nelle ore del mattino, mentre sceglieva i brani più adatti ai tuoi gusti. Se invece ti trovavi a Milano e andavi a una delle serate del Playback Theatre  (clicca qui per leggere l'articolo) ecco che tra gli attori della compagnia I lunamboli c’era anche lei. Qualche anno dopo, potevi vederla recitare sul palco De fame – se non chiedi non sai, testo di teatro narrazione da lei scritto e interpretato, sulla fame che attanagliava i romani nei terribili anni dell’occupazione nazista. L’incontro con il musicista Roberto Pentassuglia e con la sua chitarra, le permette di ritrovare la musica, il ritmo, il respiro appropriato ad accompagnare e sostenere le sue parole. Il testo dello spettacolo WOP – Quando gli italiani erano WithOutPassport, sulle migrazioni italiane in America di fine ‘800, è finalista al premio di drammaturgia femminile “Donne e teatro” e vince il premio “Bianca Maria Pirazzoli” sempre per la drammaturgia. Nel frattempo la Fiumicino si specializza in Teatro Terapia, consegue l’abilitazione all’insegnamento di lettere per la scuola media, ma quando in libreria si imbatte nella storia di Nicolò Azoti, sindacalista ucciso dalla mafia, non resiste alla tentazione e scrive per lui il corto teatrale Il cappotto. 

 

Qual è il comune denominatore che lega tante e tali esperienze?

Credo che il denominatore comune sia la Parola. Tutto quello che faccio nasce dal bisogno di comunicare e molta della nostra comunicazione passa attraverso la Parola, quella stampata sulle pagine di un libro, quella che passa attraverso un microfono, quella lanciata in classe sperando che arrivi a destinazione e anche quella non detta, quella che non diventa voce ma si fa corpo. Uno sguardo, una carezza, un abbraccio sono l’essenza dietro le parole.

Utilizzare l’arte come terapia, per alleviare o superare un iniziale stato di difficoltà o sofferenza dell’essere umano è quanto di più affascinante si possa fare nella propria vita. Se tutte le espressioni artistiche già racchiudono in sé una dirompente carica positiva, che scardina strutture distorte, dà voce a emozioni e pulsioni nascoste, contribuisce alla cultura di un popolo, rende liberi gli esseri umani, le artiterapie compiono, in questa ottica, un ulteriore balzo in avanti. In esse l’artista si pone a fianco del paziente, mettendogli a disposizione tutto il suo talento, gli studi, le capacità. L’arte diviene quindi il linguaggio per entrare in contatto, il mezzo per operare un cambiamento, la via per prendersi cura e migliorare la qualità della propria vita.  

Dopo aver parlato di logoteatroterapia e di comicoterapia, affrontiamo oggi la musicoterapia, grazie a un’intervista alla musicoterapista Valentina Mikulic.

La prima cosa che colpisce chiunque entri in contatto con lei, è la serenità che traspare dal suo sorriso, unita a una estrema capacità di guardare ciascuno dritto negli occhi e connettersi con la verità dell’essere. Questa autenticità Mikulic la riporta in ogni rapporto che costruisce, da quello con il piccolo paziente irrequieto e non-verbale, a quello con l’adulto affetto da disabilità intellettiva o con la giovane futura mamma preda di ansie e paure per il piccolo che nascerà. 

La metodologia che Mikulic utilizza è la musicoterapia. Scopriamo grazie a lei qualcosa di più di questa efficacissima disciplina.

 

Parlaci di te..

Mi chiamo Valentina Mikulic e sono di origine bosniaca ma nata nel 1973 in Germania. Nel gennaio del 1993 sono arrivata in Italia, scappavo dalla guerra.  Nel 2001 mi sono diplomata in musicoterapia. 

Federico Maria Giansanti racconta Safe, l’ultimo spettacolo di cui è autore e regista. Il monologo, interpretato da Valeria Wandja e premiato per la migliore sceneggiatura inedita al Desenzano Film Festival 2020, si è aggiudicato anche il Best of FF Award e l’Audience Choice Award al Great Salt Lake Fringe Festival 2020. 

 

 

Il 7 agosto Safe ha debuttato in streaming al Great Salt Lake Fringe Festival 2020 (USA). Sulla fruizione del teatro in streaming si è detto molto nei mesi passati; abbiamo letto pareri discordanti, sia da parte del pubblico, sia da parte degli addetti ai lavori. Da persona che ama andare al teatro e paga il biglietto, ma anche in qualità di regista e dunque di addetto ai lavori, cosa ne pensi?

La questione è controversa, ma in questo momento il teatro può continuare ad esistere soltanto in streaming. Non credo che siano i teatri a contribuire alla diffusione del virus; a ottobre abbiamo fatto quattro sold-out con la commedia Scelte azzardate e abbiamo dimostrato che è possibile fare teatro in totale sicurezza. Il problema sono gli assembramenti che si possono creare fuori, questo sicuramente. 

L’ultimo  DPCM vede, nuovamente,  la chiusura dei cinema e teatri: luoghi non solo di intrattenimento, ma simbolo di cultura. Film destinati alle sale, approderanno nelle piattaforme streaming: un effetto collaterale  che amplifica il vuoto della sala. A tal proposito, un’intervista a Manuele Ilari: esercente del cinema Madison di Roma, presidente UECI (Unione cinematografica esercenti italiani)  e firmatario di una lettera, al Ministro Franceschini, sulla necessità di regolamentazione del mercato cinematografico.  

 

Nella lettera viene richiesta una tutela per il mercato cinematografico. Come bisognerebbe intervenire per impedire che lo  streaming prenda il sopravvento sulla sala?

Un intervento necessario e doveroso da parte del Ministero è quello di normare, come già fatto nella legge annullata del ‘98, le finestre di sfruttamento del prodotto cinematografico. Fino ad adesso siamo andati avanti con degli accordi quadro, riga dopo riga, e una prassi commerciale che non è mai stata toccata da nessuno. Queste piattaforme hanno avuto l’intelligenza di poter fare a loro piacimento e saltare così tutte le finestre di sfruttamento. Quindi in questo momento il ministero deve decidere quale è la prassi commerciale: prima lo sfruttamento nelle sale cinematografiche, dopo un periodo può andare in noleggio con dvd , o nelle piattaforme a noleggio  - ad esempio CHILI – e successivamente  il passaggio sui canali in chiaro.

 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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