Venerdì, 29 Marzo 2024
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Intervista a Diego Santangelo, regista di ‘A Muzzarell’, nei cinema dal 15 febbraio 2024

 

A pochi giorni dall’uscita della sua opera prima, abbiamo incontrato Diego Santangelo e ci ha raccontato del suo primo film e di altri progetti in cantiere.

 

Parliamo prima al regista e presentiamolo: chi è Diego Santangelo?

Mi definisco uno che ancora sogna e gioca come un bambino. Nonostante io abbia 62 anni e sia nonno, non smetto di vedere la vita e tutto con estremo entusiasmo e con occhi ed animo sempre pronti a scoprire cose nuove. Sono fotografo, ho lavorato per anni nel mondo della produzione visiva, ma sentivo che era giunto il momento di provare – appunto – un’altra esperienza. Perché non si smette mai di crescere, no?

 

Parliamo un po’ di questa opera prima...

È stata un’esperienza meravigliosa, iniziata due anni fa. Ho pensato ad una storia semplice, che potesse ispirarsi ad una visione neorealista, come facevano i vecchi maestri del Cinema. Abbiamo lavorato con poche risorse. La sceneggiatura è stata scritta anche basandoci sul fatto che i luoghi e le realtà avessero fatto da protagonisti con la fotografia, insieme ovviamente all’enorme bacino di “characters”, fuori dalla dizione, dalle scuole e dalla recitazione studiata. Volevamo spontaneità e l’abbiamo trovata in attori veramente bravi, a partire dai giovani protagonisti.

 

Perché Napoli?

Napoli ha una storia cinematografica enorme alle spalle. Da sempre, praticamente, accoglie e ospita il Cinema. Per anni – e tuttora – è stata negativizzata, ma rimane sempre un territorio fecondo di storie da raccontare. Ci sono tornato dopo vent’anni di vita internazionale. È una città che soffro, che amo, che elaboro e filtro con gli occhi di un bambino. Non l’ho cercata però per temi cari a pellicole che vanno per la maggiore, anche se ne sono purtroppo presenti, ma perché facesse da sfondo ad una storia di adolescenza, che vive un malessere proveniente dal profondo.

 

Il tema principale del film sembrerebbe essere quello del viaggio, è così?

Un tema intramontabile, caro a libri, oltre che ad altre pellicole. Nel viaggio si vede, si vive, si cresce e si pensa. Ha permesso, a noi e ai personaggi, di vivere e girare nei luoghi del mito oltre che della storia. Pensiamo a Castel Volturno. Fazione associata ai Casalesi e ricordata per questo, ma ci sono luoghi legati al mito romano. Oppure Bagnoli, di cui non vediamo che un solo spiraglio, ma è ancora evidente la traumatica chiusura per il tessuto sociale. Il personaggio di Daniele è un muschillo per errore e guida il motorino: questo gli permette di passare in vari luoghi del passato

 

C’è anche però un accenno alla favola…

Ovvio! Pensiamo alla trama: un piccolo che attraversa il mondo esterno per poter passare da una casa a lui cara verso la nonna per portargli da mangiare. 

 

Cappuccetto rosso!

Esatto! L’allusione c’era ed era voluta. Non per niente, Martina – altra piccola protagonista – porta un abito rosso, che inizialmente doveva portare Daniele. Attraversando luoghi del mito, come in una favola e in una storia epica, il protagonista incontrerà personaggi gentili che daranno lui insegnamenti e correzioni utili ad una maggiore presa di coscienza. Parte di questo percorso, sarà fatto di silenzi, che prenderanno voce grazie alla colonna sonora, firmata da Adriano Pennino, che permette alla pellicola di avere diversi livelli narrativi.

 

Quali sono i prossimi progetti?

Intanto ci dobbiamo occupare di questo film: sarà presentato in quindici Festival riguardanti il cinema indipendente. Già sappiamo che questo film avrà un sequel, dedicato al personaggio di Martina, ma la produzione sarà più internazionale: ci sarà ad esempio Christopher Lambert. Non ci dimenticheremo mai, però, del nostro Sud e senza dimenticare l’analisi e la ricerca della redenzione, della fuga e della ricerca di risposte. Siamo sempre convinti che la Bellezza ci salverà: sia emotiva che quella che ci circonda.

 

Qualche consiglio per gli spettatori?

Lo do anche agli addetti ai lavori: proviamo a togliere un po’ di Materia che invade la nostra vita e lasciamoci condurre di più dalla Storia e dall’Ideale.

 

 

 

Francesco Fario

11 febbraio 2024

Il soprano lirico Olesia Mamonenko non è solo una delle giovani voci più interessanti del panorama lirico contemporaneo, ma vanta un curriculum invidiabile, nonostante la giovane età.

  

Qual è stato il momento della sua vita dove ha capito che il canto sarebbe stato il suo futuro?

Sono sempre stata una bambina vivace, intenta a ballare, cantare e a fingere di suonare il pianoforte. Ho sempre desiderato diventare una cantante e lo dichiaravo apertamente a tutti, mostrando un grande entusiasmo. Ero talmente convinta della mia scelta che mia nonna, insegnante di pianoforte, notò una certa predisposizione unita alla passione per la musica e a cinque anni cominciai a prendere lezioni di pianoforte. Successivamente sono entrata al Ginnasio d’Arte, dove mi sono specializzata in pianoforte. Durante i miei studi sentivo nel cuore che il canto era una vera passione per me. A sedici anni, convinsi mia nonna a farmi iniziare le lezioni di canto con una insegnante che aveva una lunga carriera nel Mariinsky Teatro a San Pietroburgo e così il mio sogno di diventare una cantante lirica ha cominciato piano piano a realizzarsi.

 

 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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