Giovedì, 01 Maggio 2025
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Recensione dello spettacolo Back to Momix in scena al Teatro Olimpico di Roma dal 07 al 19 novembre 2023

 

Eleganza, delicatezza e sensualità in punta di piedi. La firma inconfondibile di Moses Pendleton, coreografo di fama internazionale, conosciuto per aver ideato e diffuso la cifra stilistica dei Momix nel mondo, torna a calcare la scena italiana con lo spettacolo “Back to Momix”. Il calendario della tournée si apre a Roma al Teatro Olimpico, in collaborazione con l'Accademia Filarmonica Romana, con oltre 10 appuntamenti serali dal 7 al 19 novembre. La scelta del titolo, doppiamente evocativo, rappresenta la volontà della compagnia di ballo, sotto la co-direzione artistica di Cynthia Quinn, di tornare, o meglio di ritornare, dopo la pausa imposta dall'emergenza del Covid19, a stupire il pubblico e a donare allo spettatore un momento di sollievo, un’occasione di gioia e di bellezza. Scorrono così, come un sorso d’acqua che rinfresca e disseta, i due atti, 45 minuti ognuno, in cui vengono riproposte, tra le altre, performance storiche e acclamate come Botanica, Remix e 35th Anniversary Creation. Attraverso un connubio impeccabile dell’uso dei costumi, delle luci, della scenografia e di una selezionata proposta musicale, l’intento dei Momix è, ancora una volta, quello di stimolare e rinnovare negli astanti una sensazione intima di pace e connessione con la parte più profonda ed essenziale del sé e con lo spirito della Natura, valicando, almeno per la durata dello spettacolo, i confini umani e quelli terreni.

Recensione dello spettacolo Mi amerò lo stesso in scena al Teatro Tor Bella Monaca dal 7 all’8 novembre 2023

 

Quante vive viviamo si domandava Paola Turci in un suo brano di quasi una decina d’anni fa: un quesito a cui prova a rispondere attraverso il monologo Mi amerò lo stesso. Tratto da un’autobiografia pubblicata nel 2014 - il titolo parafrasa una delle prime canzoni con cui, a inizio carriera, comincia timidamente a porsi come coautrice - il percorso esistenziale della cantautrice romana può dividersi idealmente in tre parti: prima di diventare una cantante, all’apice dei riconoscimenti di Sanremo, dopo il terribile incidente automobilistico che l’ha coinvolta nel ferragosto del 1993.

Recensione dello spettacolo La classe in scena dal 7 al 9 novembre 2023 al Teatro Vascello all’interno del Roma Europa Festival

 

Terrore: in un unico termine il leit motiv, l’emozione dominante del pluripremiato spettacolo di Fabiana Iacozzilli del 2018 in scena al Roma Europa Festival anche quest’anno. I protagonisti di questo scenario angosciante sono gli alunni di una scuola negli anni ’80 la cui maestra è la sadica Suor Lidia. I personaggi non sono interpretati realmente da bambini, ma da puppets/marionette che trasformano l’atmosfera in scena in una dimensione onirica. Il disegno luci coadiuvato dalle lampade sulla fronte dei performer, presenze fondamentali per animare i pupazzi, realizzano perfettamente tale finalità. I movimenti cadenzati e inquietanti delle marionette penetrano nel silenzio del pubblico in sala, paralizzato dall’angoscia. Anche degli oggetti inanimati come questi, se ben utilizzati, riescono a comunicare emozioni agghiaccianti. Il gioco di luci e di oscurità crea poi un suggestivo effetto trasognato, proiettando sulle pareti le ombre dei protagonisti in scena. Le vicende rappresentate trattano la storia autobiografica della Iacozzilli, autrice e regista dello spettacolo: gli audio fuori campo appartengono a lei e ai suoi compagni di classe. In questo contesto scolastico obsoleto prevalgono metodi didattici costruiti sull’umiliazione e sulla violenza fisica.

Nuovo appuntamento dei ‘Piccoli Grandi eventi’ al Giovanni da Udine dedicato al musicista toscano.

 

Il  10 novembre 2023 ha avuto luogo il terzo incontro della rassegna ‘Piccoli Grandi eventi’, che , come in apertura ha spiegato  il soprano Fiorenza Cedolins, direttrice artistica musica e danza, punta a proporre ad un piccolo pubblico delle proposte di grande qualità.

Diciamo subito che il primo obiettivo, meritatamente,  è andato mancato: il pubblico era decisamente numeroso. Di incontro in incontro l’adesione cresce e questo è un prezioso riconoscimento per una proposta che per il teatro udinese è sostanzialmente inedita.

Non c’è dubbio che l’arrivo di relatori di tanto peso, prima Binaghi, adesso Dall’Ongaro, in futuro Valerio Cappelli e Valentina Lo Surdo, sia legata al carisma della Signora Cedolins, soprano dalla smagliante carriera e dalla grande personalità, che sta cercando di seminare passione ed entusiasmo in un territorio dalle fortune, per quel che riguarda il mondo del teatro e dell’opera in particolare, alterne.

Azione, quindi , meritoria e generosa, resa ancora più preziosa da un clima amicale, che abbatte barriere referenziali e stereotipi, facendo godere appieno i pregi dell’incontro.

Il tema era legato ai primo passi di  Puccini .

L’occasione è suggerita anche dalla prossima messa in scena di ‘Manon Lescaut’.

In questo modo si offre  la possibilità di una migliore comprensione del titolo pucciniano e, francamente, si tratta di una operazione quanto mai opportuna, viste le scelte registiche dell’allestimento triestino, sicuramente originali ma  certamente non così in linea con testo ed atmosfere pucciniane.

Riportare la musica al centro, vista anche la bella prova della direttrice Fratta, è un’arma vincente, ancora di più quando il relatore è un divulgatore brillante e preparato come Michele Dall’Ongaro.

Compositore, musicologo, conduttore radiofonico e televisivo, sovrintendente e  presidente dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, il Maestro ha proposto con garbo ed ironia un incontro che ha sforato ampliamente i tempi previsti, affrontando temi spesso complessi, ma dando prova di una capacità divulgativa travolgente.

Il pubblico, attento, mai annoiato e spesso divertito ha apprezzato moltissimo quella che di fatto era una lezione dotta con interventi musicali di una coppia di giovani cantanti, accompagnati dal pianista Marco Beretta: il soprano Silia Valente ed il tenore Jaebeon Park.

Va detto che il ruolo dei due interpreti era quanto mai complesso, perché seguivano la conferenza sul palcoscenico, mentre Dall’Ongaro camminava, gesticolava, giocava con il peso delle parole, scherzava e spiegava con leggerezza similitudini sonore e frasi musicali,  diventando la assoluta, godibile e magnifica primadonna della serata.

Quando il tema toccava  specifici momenti operistici, spettava a loro eseguire le arie, non prima che fossero dettagliatamente spiegate, analizzate con paragoni interessanti e collegamenti brillanti e spesso inaspettati.

Un ruolo che potremmo definire al tempo stesso artistico e didattico, che certamente non permetteva di costruire quella magica atmosfera del concerto, e che metteva la prova dei due, con una simile preparazione dell’uditorio, sotto la lente d’ingrandimento. 

Entrambi superano positivamente la prova, che prevedeva brani di grande impegno.

La Valente, che già nel 2019 era stata notata dalla  Scuola dell’opera italiana Fiorenza Cedolins che le affidò il ruolo  di Fiordiligi nell’Opera studio “Così fan tutte”, può vantare una voce dal colore interessante, con delle sfumature brunite ed una tecnica appropriata. Parrebbe migliorabile la dizione, perché alle volte emerge più l’attenzione al suono che alla parola, ma questo forse dipende anche dalla tensione del contesto.

La sensazione è che il repertorio d’elezione possa essere quello verdiano, ma certamente le arie sono eseguite in modo adeguato e la cantante riesce a coinvolgere la platea.

A lei spettano la poco conosciuta, ma interessante, ‘Se come voi’ da ‘Le Villi’; la complessa ‘In quelle trine morbide’ da ‘Manon Lescaut’; una piacevole ‘ Si , mi chiamano Mimì’ da ‘La Boheme’, opera dalla quale è tratto anche il brano che conclude l’incontro: il duetto ‘O Soave Fanciulla’, che i due bravi interpreti completano, come da libretto, dietro le quinte.

Jaebeon Park, coreano, si è trasferito in Italia da diversi anni. Con diverse esperienze musicali interessanti  , ha proposto arie da ‘Manon Lescaut’ e ‘La Boheme’.

Dalla prima ha eseguito ‘Tra voi belle ‘ ed un ‘No! Pazzo son!’, dagli acuti opulenti; mentre  come Rodolfo ha cesellato una suggestiva ‘Che gelida manina’, oltre al duetto prima ricordato.

Park esibisce uno squillo sicuro, un colore limpido, una interessante volontà di cercare alcune mezzetinte, che in Puccini sono determinanti.

Indubbia la tendenza a spingere in alcuni momenti, che non sempre premia, ma Park appare un cantante dalle notevoli potenzialità.

Ma, come s diceva, il trionfatore è stato Dall’Ongaro.

Che, si badi bene, non ha prevaricato nessuno. Anzi. Ha citato tante volte la padrona di casa, peraltro gigantesca Mimì, ha scherzato con i cantanti, ha fatto di tutto per metterli a proprio agio.

Ma il modo di proporre  i grandi temi pucciniani, la brillantezza con cui ha raccontato la gioventù di Puccini, il camminare, concitato e divertente, su è giù per il palcoscenico, mentre spiegava come in Puccini l’orchestra si faccia personaggio, o la genesi articolata dei vari capolavori, ha letteralmente stregato il pubblico, quanto mai eterogeneo: addetti ai lavori e signore curiose, tutti presi a non perdere neanche una parola.

Tanti gli spunti.

Un piacere sentire spiegare con linguaggio semplice ed attento le similitudini con Beethoven e Wagner,  planando all’improvviso al pianoforte per spiegare cosa sia una ‘quinta muta’ oppure chiedendo a sorpresa al bravo Marco Beretta di improvvisare alcuni passaggi, per meglio far capire quanto Calaf e Liù usino le stesse note per dire cose opposte.

Interessante lo  svelare gli  autoprestiti  pucciniani, ma anche mostrare come una idea musicale abbia attraversato tante partiture prima di vestire una forma che soddisfasse il compositore.

Dall’Ongaro si è soffermato sulla figura, spesso trascurata, di Ferdinando Fontana. Non solo per ricordare il peso che ebbe per i primi consensi   a  Puccini, ma per sottolineare la modernità del personaggio, capace di ribaltare le convenzioni dell’opera,  convinto che la drammaturgia fosse narrata dalla musica e non dalla storia. Che non  a caso spesso in Puccini si compie fuori dal palcoscenico: basti pensare a tutto il disastro che non viene narrato,  ma che evidentemente avviene, fra la fine del primo atto e l’inizio del secondo di Manon Lescaut.

Quando i tempi si sono dilatati, perché effettivamente  la durata dell’incontro ha superato le aspettative, ecco il colpo di genio che consente di polarizzare l’attenzione: un paragone fra ‘Fanciulla del West’ e Bobby Solo, dimostrato musicalmente; una battuta arguta; un ascolto per sottolineare il valore del silenzio.

Alla fine applausi per tutti, copiosi per Dall’Ongaro, sceso in platea a salutare i presenti, dando prova di una apprezzatissimo disponibilità .

 

Gianluca Macovez

11 novembre 2023

 

Informazioni

PICCOLI GRANDI EVENTI 

TUTTO PUCCINI. GLI ESORDI DI UN GENIO

Conferenza concerto

Relatore   MICHELE DALL’ONGARO

Soprano  SILIA VALENTE

Tenore JAEBEOM PARK

Pianoforte  MARCO BERETTA

 

Teatro Giovanni da Udine, 10 novembre 2023

 

 

 

 

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 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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