Venerdì, 13 Dicembre 2024
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L’ADHD ovvero il Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività, è un disturbo che si rivela nell’età evolutiva. Si manifesta con difficoltà di attenzione e concentrazione, scarsissima inibizione verbale e motoria, eccesso di attività diretta verso un qualsivoglia stimolo, mancanza di controllo degli impulsi. L’individuo affetto da ADHD mostra enormi difficoltà a regolare il proprio comportamento in funzione del trascorrere del tempo, degli obiettivi da raggiungere e delle richieste dell’ambiente. 

L’attore Jim Carrey racconta di sé come un bambino che non si fermava mai, che a scuola terminava velocemente i compiti assegnatigli, e non trovando nulla di meglio da fare, disturbava e infastidiva i compagni. Successivamente gli fu diagnosticata l’ADHD e in età adulta iniziò a fare la sua comparsa anche la depressione, disagio che spesso si accompagna al disturbo testé citato. Ma l’elemento importante da mettere in luce è che l’attore ha utilizzato a suo vantaggio l’eccesso di energia derivatogli dall’ADHD per recitare in una molteplicità di film in cui i suoi personaggi e le sue doti comiche sono assolutamente straordinarie. La sublimazione del disturbo nell’arte recitativa ha fatto sì che Jim Carrey diventasse un grandissimo attore, non solo in commedie esilaranti come Ace Ventura, Io, me e Irene, Il grinch. È infatti eccezionale l’interpretazione in Se mi lasci ti cancello di Michel Gondry, premio Oscar per la sceneggiatura a Charlie Kaufman nel 2005. 

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Proprio su queste pagine spesso ci siamo trovati a riflettere sul fatto che spesso il teatro intuisce e mostra problematiche, disagi, affezioni, ancor prima della società civile o della comunità scientifica. 

Questo è accaduto anche rispetto alla violenza nei confronti delle donne, della quale solo in tempi recenti si è iniziato finalmente a discutere e cercare soluzioni. 

Il teatro ha sempre portato sulla scena grandi personaggi femminili vittime di soprusi, ingiustizie, prepotenze quando non proprio violenze, da parte dell’uomo o della società costituita  maschilista. Facciamo quindi un piccolo viaggio, abbracciando un arco temporale che va dal XVII al XX secolo, per riportare alla nostra memoria tre fra i testi più famosi della drammaturgia.

Nel novembre del 1604 va in scena per la prima volta Otello, tragedia di William Shakespeare, anche chiamata “Il dramma della gelosia”. Il protagonista preferisce dare ascolto alle bugie di un uomo, Iago, e lasciare che il tarlo della gelosia si insinui in lui, piuttosto che credere a due donne, sua moglie Desdemona e la fedele ancella Emilia, le quali proclamano a gran voce l’innocenza e la totale fedeltà di Desdemona. Ma le donne “parlano troppo, sono furbe, sono ripostigli chiusi a chiave pieni di luridi segreti” come dirà Otello. Ancor prima della violenza, è il pregiudizio ben radicato a preparare il terreno per le bugie di Iago. Shakespeare mostra senza veli l’ingiustificata sottomissione e la scarsa considerazione dell’uomo nei confronti della donna, atteggiamento che porterà purtroppo a terribili conseguenze.

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La scena che si apre sotto gli occhi degli spettatori presenti a una performance di Palyback Theatre è minima. Da un lato due sedie, che ospiteranno il conduttore e i vari narratori che dal pubblico troveranno il coraggio di alzarsi per condividere con tutti la propria storia. Sul fondo cinque o sei cubi, su cui siedono gli attori in un silenzio attento che tra pochi minuti diverrà azione. Quindi un attaccapanni con appese stoffe colorate, aventi la funzione di scenografia, costumi e oggetti. Chiudono la scena uno o più musicisti con vari strumenti a portata di mano. Dopo una breve introduzione, il conduttore invita gli spettatori a sedersi uno alla volta accanto a lui per raccontare un particolare vissuto in tema con l’argomento della serata.

Le parole escono dalle labbra del narratore, entrano nel pubblico e negli artisti, trovano spazio nel cuore, nei pensieri, nei ricordi. Magari risvegliano qualcosa, fanno risuonare eventi di ciascuno, portano in luce cose sepolte e dimenticate. E il loro viaggio è appena cominciato. Ora escono dai corpi in cui hanno trovato casa e si trasformano in musica, rumore, scena, azione drammaturgica, voce sussurrata, voce urlata, caos o armonia, forti sentimenti o leggera delicatezza. 

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Il teatro ha la funzione di costruire cittadini

 

Nella città di Firenze e più precisamente nel suo I.P.M. Meucci, è appena partito un ambizioso quanto affascinante progetto. Streaming Theater: un ponte fra carcere e città nasce con l’intento di educare e formare i giovani ospiti dell’istituto penitenziario ai mestieri dello spettacolo, con particolare attenzione alla formazione dell’attore. Il teatro risponde quindi a due bisogni fondamentali del carcere minorile: comunicare con l’esterno e lavorare quotidianamente per imparare un mestiere in grado di aprire strade future.  

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 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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