La recente messa in scena di Nabucco a Trieste offre lo spunto per un interessante dibattito sul ruolo del regista e sulla tutela sul suo lavoro, che non deve riguardare il solo Verdi, probabilmente ‘vittima’ di una serie di situazioni infauste, ma l’intero sistema teatrale.
Non a caso sulla questione esiste una sentenza del 2021 che tutela i diritti d’autore sulla regia, proprio di un ‘opera lirica.
Riassumendo l’episodio da cui partiamo e semplificando, anche perché la questione non vuole essere contingente ma quanto mai universale, Giancarlo Del Monaco, regista dalla sessantennale carriera costellata di trionfi e spettacoli che hanno fatto discutere, per cinque volte sovrintendente in altrettanti teatri internazionali, da un po’ di tempo lontano dall’Italia, allestisce ‘Nabucco’ a Zagabria nel 2022.
Uno spettacolo non tradizionale, ambientato durante i moti del 1848, supportato dalle scene e dai costumi di William Orlandi, confezionato con passione e cura.
Certamente la trasposizione ‘rivoluzionaria’ non è una novità assoluta ed era una sorta di omaggio alle atmosfere gattopardesche. Con il dipanarsi della storia ci si allontana sempre di più dal racconto storico per entrare in una dimensione metaforica ed alla fine invece che di austriaci e di patrioti ci si ritrova a parlare di Valori, solitudine, uomini, inferno.
Il direttore artistico del teatro triestino va a vedere lo spettacolo e decide di proporlo sulle scene del Verdi.
Evidentemente gli era piaciuto, lo aveva trovato adatto al pubblico ed alla politica culturale della direzione.
Che, va detto, merita un plauso per la programmazione coraggiosa di questa stagione.
Si arriva quindi alla definizione del cast, decisamente prestigioso: oltre alla regia di Giancarlo Del Monaco e le scene ed i costumi di William Orlandi, ci sono la direzione di Daniel Oren, le voci di Burdenko, della Siri, di Ventre.
Quando iniziano le prove, i posti in sala sono in grandissima parte già venduti e si raggiunge il sold out prima del debutto.
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