Sabato, 27 Luglio 2024
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L’espressione “teatro dell’assurdo” identifica una tipologia di opere scritte da alcuni drammaturghi europei tra gli anni ’40 e ’60 del secolo scorso. Il suo carattere distintivo è l’abbandono della drammaturgia razionale, che viene scalzata da una successione di eventi illogica e all’apparenza priva di significato, e del linguaggio logico-consequenziale, il quale viene sostituito da dialoghi insensati e ripetitivi che seppur tragici possono scatenare il riso. In questo modo si mostra l’alienazione, l’angoscia, la crisi, la solitudine e l’impossibilità a comunicare dell’uomo contemporaneo. 

L’opera forse più rappresentativa del teatro dell’assurdo è Aspettando Godot di Samuel Beckett. In essa due mendicanti, Estragone e Vladimiro, si incontrano su una scena vuota e non fanno altro che aspettare un certo Godot (che non arriva), ma nel mentre parlano giusto per fare qualcosa. L’attesa è movimentata dal transitare di due strani personaggi, di cui il ricco Pozzo porta al guinzaglio l’altro, il suo servitore Lucky. Quando i due lasciano la scena, l’attesa ricomincia fino all’arrivo di un ragazzo, il quale comunica che Godot non verrà più quel giorno, ma il seguente. Allora Estragone e Vladimiro ricominciano ad aspettare e tutto si ripete, compresi l’incontro con Pozzo e Lucky e l’arrivo del messaggio, identico al precedente. Lo spettacolo si conclude proprio con l’attesa dei protagonisti.           

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“Contatto” è forse il termine che meglio descrive la XXXVI edizione del Todi Festival, che ha aperto le sue porte al pubblico sabato 27 agosto e che proseguirà fino al 4 settembre (qui il programma completo). 

Il bisogno di tornare vivo tra il pubblico e di sentirne il contatto con la parte più umana e intima si avverte ogni volta che una folata di vento corre tra le strade del centro storico che apre, come fossero polmoni, i suoi palazzi all’evento dell’anno. Nove giorni costellati da appuntamenti che hanno già iniziato a formare un mosaico colorato di cultura e arte con i loro primi tasselli che si vanno a incastrare perfettamente tra i vicoli cittadini: pezzi di puzzle che si toccano e trovano lo spazio giusto all’interno di una cornice dinamica e fluida.

Un festival che non solo cerca il respiro del pubblico, ma che abbraccia svariate tematiche in modo verticale, viaggiando trasversalmente su diversi media e mezzi di comunicazione oltre che di espressione artistica. 

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31 ottobre, domenica mattina. Mi sposto da una Roma in parte blindata per il G20, in parte svuotata per il ponte di Ognissanti, per giungere ad Aprilia e scoprire un mondo.

La motivazione che mi spinge ad allontanarmi dall’amata capitale è l’invito allo spettacolo Tramonto, nel nuovissimo teatro Sala Gigi Proietti. La rappresentazione è un adattamento del racconto di A. Ghebreigziabiher e narra la storia del figlio di Buio e Luce. Tramonto nasce in mezzo a due culture, due popoli, due diversi modi di vedere la vita, ed è alla continua ricerca di se stesso e del suo posto del mondo. 

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E SE PINOCCHIO PARLASSE IN SICILIANO? Conversazione su Franco Scaldati con la regista Livia Gionfrida, la compagnia e Cristina Grazioli, Filippa Ilardo, Melino Imparato e Simona Scattina. Modera Stefania Rimini. Auditorium Monastero dei Benedettini, 9 luglio 2021, Catania

Quel denso nucleo di luci, suoni e chiaroscuri di parole che la sera dell’8 luglio hanno caratterizzato il debutto dello spettacolo Pinocchio di Franco Scaldati, per la regia di Livia Gionfrida, hanno necessitato della notte per sedimentarsi e divenire consapevolezza. In un doppio flusso di restituzione emotiva tra relatori e uditori, l’intimo silenzio del Monastero dei Benedettini a Catania ha amorevolmente accolto e raccolto le vibrazioni ancora riecheggianti della prima. L’incontro E se Pinocchio parlasse in siciliano? moderato dalla studiosa di teatro Stefania Rimini diviene momento corale per masticare, assorbire e condividere insieme alla compagnia teatrale un materiale così ricco da non poter essere immediatamente digeribile il giorno dopo. E il dopo, rispetto al prima, necessita sempre di una cura e attenzione particolari e di qualcuno che ci rassicuri, districando ed integrando ciò che la notte non ha saputo completare. Il focus quindi si sposta dallo Scaldati raccontato - perno dell’incontro del giorno prima La Tradizione del Nuovo al Palazzo della Cultura - allo Scaldati vissuto, traduttore in siciliano di Pinocchio e autore di emozioni. Come fa giustamente notare la studiosa di teatro Cristina Grazioli, già il testo collodiano è spontaneamente ricco di elementi scenici e ben si presta ad essere recitato ad integrazione e compendio della lingua scritta.

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 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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