Giovedì, 01 Maggio 2025
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“Eppur si muove.” Queste parole, sussurrate con fermezza e disperazione, hanno attraversato i secoli, diventando il simbolo della libertà del pensiero. Ma chi era davvero Galileo Galilei? Quale fu il prezzo della sua ricerca? Cosa si cela dietro il mito del genio, dell’eretico, dell’uomo che osò sfidare il cielo e la terra?

Corrado d’Elia ci guida alla scoperta di un Galileo più umano che mai: un uomo prima ancora che un rivoluzionario, un figlio, un padre, un amante, un pensatore solitario e inquieto, capace di meravigliarsi davanti alle stelle e di interrogarsi senza sosta sul senso dell’universo.

Uno spettacolo che va oltre la biografia e la scienza, per entrare nell’anima di un personaggio complesso e straordinario. Attraverso una narrazione intensa e poetica, d’Elia porta in scena la lotta interiore di Galileo, il tormento dell’intelletto contro il dogma, il conflitto tra la necessità di sopravvivere e l’istinto di cercare la verità. Dalla scoperta delle leggi dei corpi cadenti all’abiura davanti al tribunale dell’Inquisizione, dal telescopio che svela nuovi mondi alla dolorosa solitudine dell’esilio, tutto è raccontato con uno sguardo profondo, intimo, vivo.

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Dal celebre racconto di William Rose e ispirato all'omonimo film di Mackendrick, Lady Killers, Mario Scaletta ha tratto l’adattamento teatrale di La Signora Omicidi.

È una commedia ricca di humor e di divertenti intrighi, situazioni ambigue ed equivoci esilaranti, ambientata in una Londra anni Cinquanta, città che fa da sfondo all’improbabile incontro fra Louise Wilberforce, arzilla e svanita affittacamere, e il misterioso Professor Marcus, presunto musicista, in realtà capobanda di un gruppo di pericolosi malviventi che Louise Wibelforce finirà per smascherare.

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Dall’11 al 23 marzo debutta al Teatro India IL GOLEM di Juan Mayorga, per la regia di Jacopo Gassmann, con protagonisti in scena Elena Bucci, Monica Piseddu e Woody Neri, una produzione Teatro di Roma - Teatro Nazionale, Sardegna Teatro e Teatro Stabile dell’Umbria, per una riflessione profonda sul potere delle parole e sulla fragilità dell’identità umana.

 

Partendo dalla leggenda ebraica del Golem, Juan Mayorga, tra i drammaturghi contemporanei più rappresentativi della scena teatrale spagnola, costruisce una storia che ci interroga sul nostro tempo, segnato da incertezze e trasformazioni. L’opera racconta la vicenda di una donna che, per tentare di salvare suo marito da una malattia incurabile si affida ad un’organizzazione segreta che promette di curare l’uomo, a patto che la donna impari tre nuove parole al giorno. Lentamente, come in una perturbante variazione sul tema della metamorfosi kafkiana, capiremo che la donna sta accogliendo (o forse ha da sempre soppresso) dentro di sé l’identità e la parola di un leader rivoluzionario del passato.

«La parola, appunto, intorno a cui tutto ruota, a partire dal mistero profondo di questo testo – riflette il regista Jacopo Gassmann La parola che al contempo può rigenerarci o segnare traumaticamente i nostri destini. La parola che può certamente liberarci ma anche trasformarci fino a non riconoscere più chi siamo. La parola che crea e distrugge. La sensazione è che nel Golem Juan Mayorga abbia condensato tutto il sentimento (e lo smarrimento) del nostro tempo, chiamando a raccolta molti dei suoi autori di riferimento: da Borges a Kafka, passando attraverso Primo Levi e Gershom Scholem fino ad arrivare alla filosofia del linguaggio di Walter Benjamin e alla sua teoria della traduzione, l’autore getta il suo scandaglio negli abissi di questa epoca oscura, raccontandoci di un mondo che sta lentamente collassando o sfarinando – verrebbe da dire – mentre, come diceva Flaiano, “qualcosa si va lacerando nel tessuto divino dell’umano”». Juan Mayorga stesso commenta: «Avevo scritto El Golem alcuni anni fa, ma qualcosa è accaduto durante il lockdown ― in mezzo allo sconvolgimento generale, all'angoscia di tanti, alla paura di altri che l’ordine in cui avevamo vissuto potesse crollare ― che mi ha spinto a riscriverlo. Il tema centrale, credo, è il potere delle parole che ci avvolgono e ci attraversano e con le quali costruiamo i nostri incubi e i nostri sogni».

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Quando verrà la fin di vita (e questa storia è già finita) il nuovo testo dell’autrice e regista Stefania Porrino pensato per l’affiatata Compagnia del Mutamento.
La storia si muove su due piani paralleli: uno più realistico, con atmosfere noir e atmosfere del giallo, l’altro più filosofico e metateatrale.
Da una parte c’è la storia di Virgilio e Beatrice, due maturi coniugi senza figli, che cercano di esorcizzare la paura della vecchiaia e della morte pianificando nel miglior modo possibile, grazie a un’eredità ricevuta da un cugino di lui, l’ultima fase della loro vita.
Dall’altra si muovono Vir e Bea, i veri autori della storia di Virgilio e Beatrice: la loro stessa coscienza immateriale che agisce fuori dal tempo. Un “teatro nel teatro”, un “giallo nel giallo”.
Accanto a Virgilio e Beatrice si muove Pia, ambigua figura dal passato complesso e dai repressi desideri di revanches esistenziali, la cui presenza sembra essere tutt’uno con la casa ereditata. Pia sarà elemento essenziale allo sviluppo del “giallo”, fino al suo paradossale epilogo.

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 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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