Recensione di Blizzard di Marie Vingtras, edito da Edizioni Clichy
Il Blizzard, un vento polare che supera i 40km/h, con raffiche impetuose che rendono impossibile vedere ameno di un km, da il titolo al romanzo d’esordio di Marie Vingtras. Un romanzo corale in cui ogni personaggio bloccato nella tempesta riflette sul proprio passato e ci fa conoscere la propria vita.
Nella desolata Alaska, una feroce tempesta di neve, il blizzard, infuria senza tregua da giorni. Bess, una giovane donna trapiantata dalla California, che sa poco della vita a quelle condizioni estreme, esce nella neve con il bambino. Si china appena un istante, per allacciarsi le scarpe, e quando si rialza lui non c’è più. Il blizzard se l’è portato via, o invece il piccolo è riuscito a rifugiarsi da qualche parte?
Inizia una ricerca disperata che si scontra con una natura implacabile, e coinvolge tutti gli abitanti di quella strana comunità, ognuno dei quali si è trovato per ragioni diverse a vivere ai confini del mondo. C’è il burbero Benedict, il cui fratello è scomparso all’improvviso anni prima, che ama questo bambino con tutto sé stesso; c’è Cole, ubriacone razzista e misogino; c’è Freeman, vecchio reduce del Vietnam, che si è trasferito lì da poco, per chissà quali motivi; e poi ci sono le persone che popolano il loro passato, un passato che si rifiuta di essere dimenticato e che la tempesta e la disperazione riportano prepotentemente allo scoperto.
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